Non cade il teatro – Teatri nuk bie

Versi e musica di Mauro Geraci

Storia scritta in difesa del Teatro Nazionale di Tirana – opera architettonica di grande prestigio, costruita nel 1938 dall’architetto italiano Giulio Bertè e oggi inclusa anche da Europa Nostra tra i monumenti artistici da tutelare – che rischia di essere distrutto dalle bieche logiche della speculazione edilizia. Se vuoi saperne di più leggi questo mio articolo pubblicato nel 2018 su Dialoghi Mediterranei. Periodico bimestrale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del Vallo.

Testo

Albanesi che state a lottare
dall’Italia è arrivato Geraci,
che con voi scende in piazza a salvare
il teatro dalla distruzion.

Costruttori corrotti e fedeli
al governo buttar voglion giù
e al suo posto alti grattacieli,
trenta piani o forse di più.

Io lo so, loro cuore non hanno,
se ne fregano del cantastorie
ma un canto a volte non sanno
può fermare alle ruspe i motor.

Sì, spero proprio che questa canzone fermi lo scempio, la brutale demolizione del Teatro Nazionale che si vorrebbe attuare favorendo la sporca speculazione edilizia che controlla anche i voti. Ora il cantastorie Mauro Geraci dalla Sicilia è venuto a Tirana per cantare in poesia la storia del Teatro Nazionale e far capire al mondo lo scandaloso piano di distruzione che si vuol fare contro ogni tutela del patrimonio.

Era il millenovecentotrentotto
quando il Duce pensò d’occupare
con l’esercito in quattro e quattr’otto
l’Albania mentre c’era re Zog.

Ma l’Italia però ci teneva,
far voleva una bella figura
e uno scambio di grande cultura
tra l’Italia e Albania ne fiorì.

E se a Roma Koliqi portava
in Sapienza l’albanologia,
il governo italiano a Tirana
con un piano portò lo splendor.

Infatti tra Italia e Albania negli anni Trenta nacque uno scambio culturale straordinario… pensate a quanti illustri intellettuali albanesi ebbero rapporti con la cultura italiana in quel periodo: da Ernest Koliqi a Musine Kokalari e tantissime altre personalità… ma anche a quanti italiani come Indro Montanelli si sono interessati al mondo albanese…

Strade, fabbriche, ponti, acquedotti,
banche, uffici, trasporti e turismo,
venner fatti sebbene il fascismo
vestì a lutto paesi e città.

Per Tirana la capitale
un modello metropolitano
realizzato fu in modo speciale
dai migliori architetti italian.

E con l’Opera e la Presidenza,
il Comune ed i Ministeri,
in un boulevard posti in sequenza
e Tirana gioiello ne fu.

In quegli anni i più famosi architetti e urbanisti italiani noti a livello internazionale furono invitati in Albania per rinnovare con arte l’assetto di città come Tirana, Durazzo, Valona, Saranda…

Così Bosio, Morpurgo, Brasini,
architetti, urbanisti d’ingegno
tutti insieme lasciarono il segno
del razionalismo italian.

Due teatri gemelli assemblati
poi in Italia da Giulio Bertè
con le navi furon trasportati
e a Tirana e installati a dover.

Metafisici come De Chirico,
per il dramma e la commedia,
dritto al cuore del popolo illirico
vi portaron cultura e piacer.

Due teatri gemelli, slanciati, metafisici, uniti da un’elegantissima fila di colonnine. Questi i teatri costruiti da Bertè; primo esempio di architettura prefabbricata realizzati dalla Pater Costruzioni Edili di Milano in avveniristiche fibre di pioppo. In mezzo un bellissimo spazio aperto con alberi, gli archi a vetrata e una grande piscina… lì fu fondato anche il prestigioso Circolo Scanderbeg, in quel teatro che sembra proprio quello dipinto nel quadro L’enigma dell’ora di Giorgio De Chirico che, come si sa, ispirò la Piazza del Littorio oggi dedicata a Madre Teresa. Anche lì il monumentale Politecnico ormai muore soffocato dalla torre del nuovo stadio che ha sostituito quello elegantissimo fatto anch’esso dagli italiani e distrutto mesi fa. (Ma chissà perchè un nuovo stadio deve avere accanto un grattacielo; forse perchè oggi il calcio, signori miei, si gioca in verticale!) Insomma, gli architetti italiani avevano pensato al centro di Tirana come palestra del corpo, degli occhi e dello spirito.

Per autori, registi ed attori
il teatro per tutti fucina
di sapere e con quella piscina
fu palestra del corpo e pensier.

Ne fu scuola, vivaio fiorente
per la vita di quell’Albania,
che assorbiva da Oriente e Occidente,
che pasceva di arte e folklor.

E fu fino a quel giorno letale
che Enver Hoxha col sangue il potere
se lo prese e come tribunale
in quel luogo ci fu gran dolor.

Per alcuni anni durante il regime comunista il teatro fu trasformato in tribunale dove molti pagarono con la vita la loro voglia di libertà.

Tanti e tanti furon condannati
non conformi al voler del partito,
il teatro ne fu requisito,
fucilati ne furono alcun.

Quindi questo teatro è memoria
della grande tragedia albanese,
morto Hoxha riprese la storia,
la sua fervida attività.

Brecht, Shakespeare e Pirandello,
Moliere, Cecov, Artaud e Ionesco,
un fiorir d’avanguardie pazzesco
sotto il segno della libertà.

Il Teatro Nazionale divenne luogo di continui incontri culturali, di spettacoli e riflessioni sulla propria realtà politica e sociale, sull’Europa e sul mondo, sulla libertà e la democrazia, sul possibile futuro dopo il comunismo…

Libertà di parola e pensiero,
di potere cambiare la storia
affinché un tiranno più nero
di Enver Hoxha non torni mai più.

Ed invece solo dopo trent’anni
c’è chi alza di nuovo la testa,
col teatro vorrebbe far festa
in combutta con i costruttor.

E s’approva la legge speciale
che bypassa la gente e il Comune
imponendo un’impresa locale
senza gara d’appalto bandir.

Con una legge speciale, respinta dal Presidente della Repubblica e sulla quale l’attuale, precaria Corte Cotituzionale albanese esprimerà probabilmente sentenza di incostituzionalità, si vuole l’abbattimento dell’intero complesso del Teatro Nazionale e la costruzione di un nuovo teatro che avrebbe solo 650 posti, molti meno rispetto a quelli oggi disponibili. In realtà il nuovo teatro occuperebbe meno della metà del grande spazio risultante dalla demolizione che, al contrario, sarebbe destinato non ai futuri spettacoli ma alla costruzione del Papillon, un orribile, gigantesco, lucroso, complesso residenziale e commerciale a più piani, di vetro e cemento, a forma di oscena farfalla, sul progetto del gettonatissimo studio di architettura danese Bjarke Ingels Group, che da tempo allunga i tentacoli sulla facile e fragile capitale albanese.

Col pretesto di un nuovo teatro
di cui avrebbe Tirana bisogno
autorizzano ad infrangere il sogno
del glorioso Teatri Kombëtar.

E il cemento continua a colare,
a tenere Tirana in ostaggio,
la politica del riciclaggio
della mafia che vuol comandar.

Perché ai lati del nuovo teatro
grattacieli che levan la luce
li prevede il progetto più truce,
sono in ballo duecento milion.

Sì, signori miei. Si tratta di un affare gigantesco che fa gola a molte imprese costruttrici colluse, a molti politici, architetti, geometri ecc… Per questo da quasi due anni, con una potesta che non si era mai vista prima, ogni giorno, col freddo glaciale o col caldo infuocato, attori, registi, intellettuali, professori ma anche ex falegnami, costumisti, fonici, attrezzisti, gente comune si esprimono, con ogni ragione, in difesa dello storico Teatro Nazionale che è diventato simbolo di un’Albania che non vuole la mafia del cemento, la mafia del vetro e dell’alluminio, la trasparenza del male, la corruzione e la politica del riciclaggio ma vuole arte e un futuro di onestà e libertà, consapevole, rispettoso e amorevole nei confronti del proprio passato.

Ed è dunque da circa due anni
che ogni sera la grande Aleanca
il suo affetto e la vicinanza
al teatro rinnova il suo amor.

Non lo fanno per la nostalgia
di chi oggi non sa stare nel mondo,
ma per loro il futuro è fecondo
se ripensa il passato ancor più.

Mantener quei teatri all’impiedi
per l’immenso valore profuso
serve a rendere vano ogni abuso
di chi eletto è mandato al poter.

Coro finale

Teatri Kombëtar
ti je e ardhmia jone,
ti je forca jone
dhe nuk do të bjesh kurrë.

Teatro Nazionale
tu sei il futuro nostro,
tu sei la forza nostra
e tu non cadrai mai.

Teatri Kombëtar
nuk je prej betoni,
ata do të fundosen
dhe nuk do të bjesh kurrë,
dhe nuk do të bjesh kurrë,
dhe nuk do të bjesh kurrë!

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Author: Mauro Geraci

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