Versi e musica di Mauro Geraci
Nei due anni e mezzo, quasi, che hanno preceduto il blitz politico-militare con cui l’attuale governo albanese ha buttato a terra il meraviglioso complesso del Teatro Nazionale costruito nel 1938 da Giulio Bertè, pochissimi sono stati i giornali e le tv che ne hanno parlato, che hanno collaborato a denunciare quanto era stato da tempo minacciato, che hanno dato un loro sia pur piccolo contributo a evitare che l’infamia venisse portata a termine. E ciò nonostante io, in prima persona, e molti altri si siano fatti in diecimila per informare, sensibilizzare, coinvolgere la stampa e i mezzi d’informazione di molti paesi. Quasi nessuno ne ha parlato! Come se i mezzi d’informazione fossero conniventi con chi voleva la distruzione del Teatro o ne avessero subito l’imposizione a mantenere il silenzio. Ora, invece, fanno a gara a parlarne, a scriverne in un bel girotondo informativo fatto di veline, di brevi notizie con cui si mettono la coscienza a posto come Pilato, che vogliono dare il contentino a chi sta soffrendo per il delitto commesso, che ti danno una pacca sulla spalla spingendoti a dimenticare e ad andare presto al mare, che girano attorno a un patrimonio che ormai è andato distrutto e non c’è più. Un questa brevissima ballata non voglio far riflettere sul Teatro che non c’è più (a questo ho già dedicato Non cade il Teatro – Teatri nuk bie e Al mattino, a Tirana: 17 maggio 2020) bensì su questo ipocrita, tardivo, oscuro, torbido, gommoso, viscido girotondo informativo internazionale che, oggi e non ieri, gira attorno alle macerie .
Testo
Da due anni a perdifiato
ai giornali e alle tv
l’abbiam detto che il Teatro
lo voleva buttar giù
quella mafia del palazzo
che a Tirana in Albania
con l’Europa fa intrallazzo
di socialdemocrazia.
E il Teatro come Floyd
l’hanno ucciso con violenza
or la mano con squallore
metton sopra la coscienza.
Così arrivan le veline
e si passano la palla la la la la,
brevi brevi, piccoline,
una pacca sulla spalla la la la la,
a chi piange con la rabbia
alla gente che è incazzata,
a chi fuori dalla gabbia
vuol cantare una ballata.
C’è L’Espresso e il New York Times,
c’è Le Figaro e Le Mond,
El Pais, il Washington
e ora fanno il girotond.
Tutti a scriver del Teatro
già sepolto e che vuoi fare,
volta pagina e tra poco
tanto tutti andremo al mare.
Su Repubblica ed Il Fatto,
sulla Stampa ed il Corriere
sfoglierem l’ultimo atto
sotto l’ombra del potere.
Poi un bel tuffo, una nuotata
una doccia e stesi al sole le le le le,
dopo al fresco la mangiata
e la siesta se Dio vuole le le le le.
La velina sul giornale
poi finisce nel cestino
e il Teatro Nazionale
se lo porta lo spazzino.
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